I criteri della bellezza

Le misure della bellezza
di Enzo Kermol

Volti giapponese e caucasico perfettamente simmetrici

Molti studi dimostrano che lo standard di “bellezza media” supera i criteri di appartenenza etnica e si impone a livello transculturale. Pollard (1955), utilizzando volti appartenenti a sei donne di origine etnica differente, creò un volto femminile composto dalla sintesi dei sei volti originari. Queste sette immagini furono sottoposte al giudizio di studenti nigeriani, cinesi, indiani e neozelandesi che valutarono il “volto medio” come quello maggiormente attraente.
Quale meccanismo porta a considerare un volto medio attraente?
Alcuni autori ipotizzano che la preferenza per il volto medio sia collegata alla familiarità, altri ritengono che esistano componenti universali, indipendenti dalla maggiore o minore familiarità. Grammer e il suo gruppo di ricerca (2002) costruì il volto e il corpo medio di donne americane (bianche e nere) e giapponesi. Il campione “valutatore”, composto da americani e giapponesi, giudicò l’immagine media la più attraente tra le altre componenti. I risultati di questo esperimento portarono alla conclusione che i principi di base della percezione della bellezza devono essere considerati universali. La tecnica della media digitale (Averaging) presenta alcuni artefatti da tenere in considerazione come il fatto che la media dei pixel porta alla scomparsa di ogni imperfezione della pelle, ad un colorito estremamente omogeneo e il volto risulta perfettamente simmetrico. Da questo si deduce che il volto medio è considerato attraente per l’assenza di ogni imperfezione dermatologica e non tanto per il fatto di essere medio. Inoltre, se i volti originari non sono attraenti, il volto medio non risulta un esempio di bellezza, il processo di media a volte non basta.
La teoria del volto medio presenta alcuni limiti: se il volto medio è giudicato attraente, non è detto che sia il più attraente. Forme che esulano dall’ordinario possono attrarre di più rispetto a forme ottenute da una media; analizzando volti molto attraenti ci si accorge che ciò che li contraddistingue è un tratto esagerato o enfatizzato rispetto alla media della popolazione, quindi il ruolo dell’esagerazione risulta molto importante nella determinazione della bellezza. Da questi ragionamenti si arriva al concetto di “stimolo supernormale”, ovvero, uno stimolo che supera in una dimensione uno stimolo biologicamente normale evocando una risposta maggiore. Lo stimolo supernormale accentua le caratteristiche distintive permettendo una migliore identificazione, entro certi limiti. Se, ad esempio, si accentuano troppo certe caratteristiche fisiche (grandezza degli occhi, forma delle labbra, …) non percepiamo più un volto attraente, bensì uno deforme. Prestando attenzione a non superare certe soglie, gli stimoli supernormali consentono di esprimere in maniera forte ed efficace messaggi altrimenti deboli e poco efficaci.
Un esperimento condotto da Costa e Corazza (2006) su un gruppo di studenti dell’Accademia di Belle Arti ha dimostrato l’effetto della creazione di stimoli supernormali nei ritratti artistici. Agli studenti veniva chiesto di disegnare un autoritratto a memoria e uno davanti ad uno specchio. Confrontando i ritratti con le fotografie del volto degli studenti, è risultato che i soggetti tendevano a modificare le componenti del volto per migliorarne l’aspetto estetico. Gli occhi venivano ingranditi e arrotondati, il naso assottigliato, le labbra più rotonde ed alte; la parte inferiore del volto veniva affusolata, resa più lunga e meno rotondeggiante rispetto al reale. In generale, in tutta la storia dell’arte vi è stata una tendenza degli artisti ad aumentare le dimensioni degli occhi, la carnosità delle labbra e ad affusolare la parte inferiore del volto. Anche per quanto riguarda la raffigurazione del corpo si trovano operazioni di perfezionamento che portano, nella ritrattistica femminile, al raggiungimento di quelle dimensioni che sono vicinissime alla sezione aurea, ovvero, 90:60:90.

Bellezza standard, tratti biologici comuni

Tipologie della bellezza: maschile, femminile e infantile
Il volto maschile, per essere giudicato bello, deve possedere un giusto miscuglio di tratti maschili (zigomi alti, mascella robusta, muscolatura mascolinizzata) e tratti femminili (occhi grandi, naso piccolo, labbra pronunciate).
I volti femminili si preferiscono quando i tratti femminili sono esagerati. Il volto ha un valore estetico più elevato nell’uomo piuttosto che nella donna. Questa affermazione è giustificata dal fatto che negli spot il volto dell’uomo è mostrato nel 65% dei casi, mentre per la donna si tende ad enfatizzare il corpo che compare nel 55% dei casi (Archer, 1983). Questa disparità può essere spiegata con il fenomeno del “faccismo”, termine utilizzato per tradurre l’espressione inglese “face-ism”. Tale fenomeno si riferisce all’attribuzione di qualità positive (bellezza, ambizione, dominanza, intelligenza, cultura) alle persone che sono inquadrate in primo piano, e al fatto che gli uomini vengono rappresentati dai media in tale modo molto più delle donne.
Il faccismo presenta un indice variabile da zero (l’immagine non rappresenta la faccia) ad un massimo di uno (la fotografia rappresenta solo la faccia); per quantificare il grado di faccismo, si calcola il rapporto fra altezza del volto e altezza della parte di persona che viene rappresentata. L’inquadratura stimola reazioni psicologiche: Archer (1983) ha dimostrato che individui, maschi o femmine, fotografati in primo piano sono valutati come più intelligenti, attraenti, ambiziosi, di quelli inquadrati in piani più distanti. Nella televisione d’oggi, ad esempio nei programmi di intrattenimento, l’uso del primo e del primissimo piano è frequentissimo. Ciò coinvolge emotivamente lo spettatore in maniera molto forte, come se si trovasse ad una distanza intima dalla persona inquadrata, di gran lunga maggiore di quella consentita dalle regole sociali verso un estraneo.
La figura intera, al contrario, corrisponde ad un rapporto distanziato, oggettivo. In generale, i piani ravvicinati hanno una maggiore valenza emotiva se confrontati con quelli più distanti.
Tratti infantili presenti in volti adulti possono essere valutati molto positivamente perché associati a caratteristiche di tenerezza. Dall’altra parte, volti che presentano tratti più maturi sembrano più dediti ad esercitare potere. Nel contesto di leadership, il giudizio di bellezza di un volto maschile o femminile viene effettuato in base a meccanismi differenti che chiamano in gioco tre elementi fondamentali: l’autorità (dominanza e competenza), la disponibilità (simpatia e calore) e il carisma (fascino ed influenza).
Per gli uomini, l’aspetto dominante favorisce l’assunzione di posizioni di potere e responsabilità; per le donne, invece, il carisma si può identificare sia nei lineamenti più infantili del volto, che nei lineamenti più maturi. L’importante è che aspetto e comportamento siano il più possibile coerenti. Se, per l’uomo, sono già stati identificati i tratti del volto legati alla capacità di influenzare la percezione nel campo sociale, ciò non è ancora accaduto per la donna: le strategie usate in questo campo dalla donna sono molteplici, coinvolgendo segnali di sottomissione e fragilità, come di dominanza e forza.

Le due tipologie di volto maschile preferite dalle donne in base al ciclo di ovulazione

Bibliografia
Archer D., Iritani B., Kimes D., Barrios M. (1983), “Faceism: five studies of sex-differences in facial prominence”, Journal of Personality an social Psychology, 4 (45), 725-735.
Costa M., Corazza L. (2006), Psicologia della bellezza, Giunti Editore S.p.A.
Grammer K., Thornhill R. (1994), “Human (Homo sapiens) facial attractiveness and sexual selection: The role of symmetry and averageness”, Journal of Comparative Psychology 108, 233-242.
Grammer, K., Fink, B., Juette, A., Ronzal, G., Thornhill, R. (2002), Female faces and bodies: N-dimensional feature space and attractiveness. In G. Rhodes & L. A. Zebrowitz (Eds.), Advances in visual cognition, Vol. 1. Facial attrativeness: Evolutionary, cognitive, and social perspectives (pp. 91-125).
Grammer K, Fink B, Møller A.P, Thornhill R., “Darwinian aesthetics: sexual selection and the biology of beauty”, Biol. Rev, 2003;78:385–407.
Pollard J. S. (1995), “Attractiveness of composite faces a comparative study”, International Journal of Comparative Psychology, 8, 77-83.

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